In questo mese di maggio ricorre il 225° anniversario della prima inoculazione di un vaccino per combattere una malattia infettiva: il vaiolo. Era il 14 maggio del 1796 e iniziava la lotta contro questo virus che avrebbe visto la fine soltanto nel 1980 (dopo l'ultimo caso accertato in Somalia nel 1977) quando L'Organizzazione Mondiale della Sanità dichiara questa malattia ufficialmente eradicata.
Il termine vaccino indicava originariamente il vaiolo che attaccava le mandrie bovine (dall'aggettivo vaccinus, ovvero della vacca, vaccino della vacca). Proprio nel maggio del 1796, il medico inglese Edward Jenner (in foto) rese disponibile il primo vaccino e gettò le basi della moderna immunologia.
L'inoculazione antivaiolosa, attraverso la variolizzazione, era già diffusa in Inghilterra e lo stesso medico di campagna l'aveva subita da bambino, ma era conosciuta anche fuori dal Regno Unito, tanto che il poeta italiano Giuseppe Parini scrive nel 1765 un'opera dal titolo «L'innesto del vaiuolo» che era stato praticato dal medico Gianmaria Bicetti.
Ma cosa fece, allora, Edward Jenner? Lo spiega Marco Cappadonia Mastrolorenzi nel quinto capitolo di "Pandemie nella letteratura italiana. Narrazioni e scienza nella storia", il terzo volume della collana divulgativa Scientia et Litterae, C1V Edizioni, diretta dallo stesso autore.
«Il medico si rese conto che le donne allevatrici che si occupavano di mungere le mucche e che contraevano il vaiolo bovino, rarissimamente venivano infettate dalla variante umana. Per dimostrare la sua teoria, con molto coraggio, bisogna dire, Jenner estrasse del materiale da una pustola di una mungitrice che era stata colpita dal vaiolo vaccino (...). Questo episodio rappresenta il primo caso documentato di prevenzione attiva di una patologia infettiva (...)».
Non sarà superfluo ricordare che nell'antichità, al tempo della celebre peste di Atene, pur essendo completamente all'oscuro delle moderne conoscenze sull'immunologia, ci si era resi conto che chi si ammalava e guariva, aveva poche probabilità di ammalarsi una seconda volta; anche se non possiamo essere certi, però, che al tempo delle guerre del Peloponneso (nel 430 a.C.) la grande epidemia raccontata da Tucidide fosse proprio dipesa da un ceppo di Yersinia pestis (e non si possono escludere altre malattie come il vaiolo, il morbillo, o la Tularemia).
L'umanità, insomma, deve molto al dott. Edward Jenner che, con il suo metodo sperimentale, salvò il mondo dal vaiolo e aprì una grossa breccia agli studi immunologici.
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